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Mogol punge ancora Amadeus: “Una volta chi sceglieva le canzoni era competente”

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A oltre un mese di distanza da Sanremo 2023, Mogol ha criticato ancora Amadeus per la scelta delle canzoni: le parole durissime dell’autore.

Quando ci voleva per fare il mestiere anche un po’ di vocazione“, cantava ormai oltre cinquant’anni fa Fabrizio De André nella sua La città vecchia. Un verso che riassume perfettamente il Mogol-pensiero in merito al Festival di Sanremo, o almeno in merito a quello che è diventato negli ultimi anni, sotto la direzione artistica di Amadeus. Perché è vero che la crescita dal punto di vista delle certificazioni e degli ascolti è evidente per la kermesse, ma secondo il noto paroliere è altrettanto vero che queste canzoni presentano una qualità media non certo elevata. Da qui l’attacco, piuttosto duro, rivolto al direttore artistico, pur senza citarlo. Parole, quelle di Mogol, che hanno fatto molto rumore!

Mogol critica Sanremo

Il problema, secondo il grande autore italiano, è tutto racchiuso in una sola parola: competenza. Per selezionare delle canzoni, a suo parere bisognerebbe avere una conoscenza tale da aver acquisito gli strumenti più giusti per comprendere cosa sia una buona canzone e cosa invece una canzone scritta male.

Giulio Rapetti Mogol

Già qualche settimana fa Rapetti aveva parlato di Sanremo 2023 come di un festival degli influencer. Un concetto che ha ribadito ancora una volta in conferenza stampa, durante la presentazione del disco Capolavori nascosti, scritto insieme a un altro grande nome della musica italiana, Mario Lavezzi. “Una volta chi sceglieva le canzoni era competente“, ha spiegato Rapetti. E proprio Lavezzi ha voluto dargli manforte: “Quante delle canzoni che vediamo oggi in classifica saranno ancora ricordate tra vent’anni?“.

La replica di Amadeus

Nonostante la polemica non sia rimasta di nicchia, ma sia stata anzi alimentata da diversi media negli ultimi giorni, non è arrivata la replica di Amadeus. D’altronde, per lui parlano i numeri. Il successo delle kermesse che lui ha organizzato è infatti evidente. Se ciò che più conta in casa Rai sono dati, e di conseguenza i guadagni, il direttore artistico ha fatto sempre il suo.

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Per il resto sarà solo la storia a dirci se i brani saranno stati un successo o meno. Oggi è decisamente presto per poter dire se ascolteremo ancora, tra vent’anni, una Fai rumore, una Brividi o Due vite. E anche per questo motivo, forse, la polemica è destinata a rimanere sterile e priva di alcun risultato concreto.

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