Mahmood, Ghettolimpo: la recensione del secondo album del cantautore milanese che ha vinto Sanremo 2019 con Soldi.
Un Narciso, ma marcio, è quello che Mahmood ha voluto rappresentare in Ghettolimpo. Il secondo album nella carriera del cantautore milanese diventato famoso in tutto il mondo grazie alla vittoria a Sanremo 2019 con Soldi è un disco tanto ardito quanto sincero. La sua gestazione è stata lunga, circa due anni e mezzo, ed è passata attraverso la lunga pandemia da Covid. Ma il risultato è qualcosa che si pone fuori dalla stretta attualità per raccontarci i tanti e molto diversi mondi che hanno fatto parte del background di Alessandro, e che lo hanno formato al punto da essere ben ancorati al presente, pur facendo parte del suo passato.
Mahmood, Ghettolimpo: la recensione
Quello proposto da Ghettolimpo è, lo dice anche il titolo, un incontro tra due mondi opposti: quello terreno, fin troppo, del ghetto, la vita reale, quotidiana e urbana in cui è cresciuto l’artista; e quello appartenente all’Olimpo, etereo, lontano, divino ma non religioso, un passato mitologico che è servito per crearsi paesaggi in cui evadere nei momenti più difficili. Due estremi che appaiono distanti, ma che nel disco finiscono per incontrarsi e scontrarsi, conoscersi e comprendersi, avvinghiarsi e lasciarsi, combattersi per poi arrendersi.
Nelle tante contraddizioni proposte dai due poli opposti s’inserisce però la vita, più concreta, di Mahmood, fatta di passioni, amori, emozioni e difficoltà. C’è spazio per il mondo dei fumetti, o meglio dei manga, che finisce per raggiungere l’apice nella splendida ballata Inuyasha, ma c’è anche quello delle sue origini arabe, che avevamo già conosciuto, ma che qui diventa non più la quota esotica del disco, bensì una parte essenziale dell’intero sound costruito con certosina precisione dallo stesso Alessandro e dai suoi collaboratori, su tutti Dardust.
Diversi i singoli già conosciuti in questi due anni che sono stati inseriti nella tracklist, piuttosto corposa, di Ghettolimpo. Dalla già citata Inuyasha alla splendida Rapide, uno dei momenti migliori del disco e dell’intera produzione (fin qui) di Mahmood, passando per Klan, Zero e anche la hit estiva Dorado ascoltata nel 2020. Ma non è un mondo chiaro e latino quello proposto in Ghettolimpo dall’artista milanese, bensì un ambiente dark, intenso, denso e a tratti soffocante, nella sua perpetua voglia di evadere.
Tra le tante collaborazioni presenti spiccano quella con Elisa, la cui voce si combina in maniera molto particolare con quella di Mahmood, e quella internazionale con Woodkid, nel brano più esterofilo dell’intero disco. Ma il momento migliore dell’album se lo tiene per sé Alessandro, ed è in T’amo, canzone dedicata alla madre e impreziosita dalla partecipazione di un coro e dal ritornello in sardo. Un aspetto delle sue origini che finora non era mai stato presentato da Mahmood, ma che appare forse ancora più sincero. E per questo emozionante.
Se in Gioventù bruciata avevamo potuto ammirare un artista precocemente maturato, Ghettolimpo ci offre un musicista più consapevole, più solido, forse meno affamato, ma desideroso di condividere gli aspetti di se stesso che lo rendono ciò che davvero è. Un passo in avanti sotto tutti i punti di vista, e una bella conferma: Sanremo è stato un trampolino, ma con questo potenziale di Mahmood avremmo probabilmente sentito parlare lo stesso.
Ghettolimpo: la tracklist
1 – Dei
2 – Ghettolimpo
3 – Inuyasha
4 – Kobra
5 – Baci dalla Tunisia
6 – Klan (feat. DRD)
7 – Zero
8 – Rubini (feat. Elisa)
9 – Dorado (feat. Sfera Ebbasta & Feid)
10 – Talata
11 – T’amo
12 – Karma (feat. Woodkid)
13 – Rapide
14 – Icaro è libero
Top: T’amo – Rapide
Voto: 8-
Di seguito il video di Rapide:
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