Achille Lauro, Lauro: la recensione dell’ottavo album in studio del cantautore romano di Rolls Royce e Me ne frego, protagonista a Sanremo 2021.
La conclusione di un percorso artistico portato avanti per diversi anni. Questa è la sintesi estrema di Lauro, l’ottavo disco in studio di Achille Lauro. Un figlio diretto, più che della sua carriera da trapper, di tutto ciò che è accaduto nella sua vita artistica dal debutto a Sanremo nel 2019 con Rolls Royce. Piaccia o meno, il cantautore romano conferma la sua cifra stilistica, si regala un disco pop rock sincero e intrinsecamente votato all’arte. Una sorta di ‘testamento’ per una fase della sua carriera ricca e fortunata, ma che aveva probabilmente bisogno di trovare una degna conclusione prima di diventare ripetitiva o stantia.
Achille Lauro, Lauro: la recensione
Lauro è ancora quello di Pour l’amour, eppure è un artista totalmente diverso. Quello che abbiamo ammirato dal 2019 a oggi è un poliedrico individuo che si è staccato dall’immagine di trapper fuori dagli schemi per costruirsi un’iconografia versatile. Un musicista capace di guardare al punk, al pop, al rock, alla dance e anche allo swing, prendedosi fin troppo sul serio, ma consapevole di dovere del rispetto a un passato di cui non fa parte. Poteva sembrare un gioco ai tempi di Rolls Royce, ma l’intero progetto di Sanremo 2021 ha dimostrato quanto fosse complesso e completo il percorso immaginato dal cantautore romano.
Musicalmente non regala grandi sorprese o sussulti questo nuovo disco, composto da tredici brani alternati alle ‘preghiere’ già presentate sul palco dell’Ariston. Si tratta di un buon album pop rock, prodotto con grande cura. Molto piacevole, per un nostalgico delle pelli come il sottoscritto, l’utilizzo della batteria acustica, con la presenza anche di alcuni fill degni di nota (almeno in un disco di pop italiano pubblicato da un artista classe 1990, vale la pena ricordarlo).
Al centro di tutto c’è però la chitarra. In quasi tutti i pezzi ci si affida ad arpeggi o riff che regalano un sapore melodico, intimo o energico, alla gran parte dei brani, in questo restando fedele al genere di riferimento. L’apertura è affidata al primo degli spoken word presenti, Lettera del mondo all’umanità, forse il più ispirato e più importante nel racconto del disco. L’avvio vero e proprio viene dato da Solo noi, singolo già presentato negli scorsi mesi, emblematico per l’intero percorso. Tra racconti di emancipazione sociale, critiche del giudizio e del pregiudizio, il cantautore si confessa senza celare le proprie riserve e qualche debolezza, accompagnato talvolta da un ritmo funkeggiante (come in Latte+), altre volte da un incedere più aggressivo (come in Generazione X, destinata a imporsi come un manifesto), caricato dalla cassa dritta (ad esempio in Barrilete cosmico), senza disdegnare ballate pure come Stupide canzoni d’amore.
Il tutto senza mai risultare noioso, sfiorando il banale di tanto in tanto (la metafora su Notre Dame ha stancato già prima che la rendesse di pubblico dominio Marracash in Margarita), ma concedendosi anche qualche immagine interessante e originale. Resta il capitolo conclusivo di un percorso che dovrà necessariamente rinnovarsi. Dedicato a chi ha amato la versione bowieana di Lauro, meno a chi è rimasto ancorato all’Idol Immortale.
Lauro: la tracklist
1 – Lettera del mondo all’umanità
2 – Prequel
3 – Solo noi
4 – Dio benedica chi è
5 – Latte+
6 – Marilù
7 – Dio benedica chi gode
8 – Lauro
9 – Dio benedica gli incompresi
10 – Come me
11 – Femmina
12 – A un passo da Dio
13 – Dio benedica chi se ne frega
14 – Generaizone X
15 – Barrilete Cosmico
16 – Pavone
17 – Stupide canzoni d’amore
18 – Sabato sera
19 – Dio benedica solo noi, esseri umani
Top: Generazione X
Voto: 6.5
Di seguito l’audio di Generazione X:
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